La percezione del rischio climatico delle società quotate al FTSE MIB e FTSE Italia Mid Cap
01.10.2021
Raffaele Jerusalmi (Borsa Italiana); Andrea Maggiani (Carbonsink); Stefano Pareglio (Fondazione Eni Enrico Mattei); Massimo Beccarello (Confindustria); Maria Lombardo (Invesco); Carlo Cosimi (ANRA); Sara Lovisolo (Euronext); Daniela Bernacchi (Network Italia); Monica Riva (Bureau Veritas Italia)
Il cambiamento climatico è un tema che domina l’attenzione pubblica: istituzioni, società civile, imprese, investitori, mezzi d’informazione manifestano una consapevolezza crescente dell’impatto ambientale ed economico del climate change. L’urgenza della transizione verso un nuovo modello di sviluppo o, quanto meno, verso un nuovo sistema energetico, è sempre più urgente, come ben rappresentato, da ultimo, da IEA (2021) e IPCC (2021).
Una risposta globale al problema non può che assegnare un ruolo centrale alle imprese. Imprese, quelle europee, che assistono a una continua e profonda evoluzione del quadro normativo e regolatorio. Basti citare due novità introdotte lo scorso 21 aprile: da un lato, la proposta, da parte della Commissione Europea, della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che innova la Non-financial Reporting Directive (NFRD) e, tra l’altro, ne estende in campo di applicazione alle PMI, introducendo altresì standard di rendicontazione coerenti con le capacità e le risorse di queste società; dall’altro, l’accordo politico, in seno alla Commissione, circa gli atti delegati della Tassonomia UE (previsti dal Regolamento (EU) 2020/852), con la conseguente definizione dei criteri di identificazione delle attività economiche che contribuiscono in maniera sostanziale alla mitigazione e all’adattamento al cambiamento climatico.
L’Unione Europea però non si ferma qui: l’azione sul mercato dei capitali è stata rilanciata nel luglio 2021 con l’adozione della nuova Strategia per la finanza sostenibile, mentre prosegue l’attuazione delle iniziative che costituiscono il Green Deal presentato a fine 2019 e di quelle che sostanziano il Piano di ripresa dell’economia approvato per il rilancio economico e sociale post-pandemia.
La disclosure delle informazioni non finanziarie, ancora una volta, non rappresenta dunque un mero esercizio di compliance, ma piuttosto un prezioso strumento di conoscenza sia per le imprese, sia soprattutto per gli investitori.
In sintesi: conoscere l’atteggiamento dei singoli operatori rispetto ai potenziali rischi e opportunità connessi al cambiamento climatico è un elemento indispensabile per la pianificazione strategica e per la valutazione delle imprese. In questa ottica, la nuova edizione del Rapporto, la cui prima edizione è stata pubblicata nel 2019, estende l’ambito di ricerca alle imprese quotate al FTSE Italia Mid Cap (nella composizione al 31 marzo 2021) e indaga le modalità con le quali le stesse affrontano i temi direttamente legati al cambiamento climatico e alla transizione energetica in atto. Lo studio, condotto da Carbonsink e Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), si basa su una serie di indicatori afferenti a cinque aree di rendicontazione (governance; strategy; risks and opportunities; metrics and targets; advocacy) che riprendono, ampliandole, le aree di interesse individuate dalla Task Force on Climate- related Financial Disclosures del Financial Stability Board.
Due ultime precisazioni. La ricerca assume a riferimento unicamente la documentazione che le società rendono disponibile al pubblico. La metodologia di indagine (ossia gli indicatori adottati, i criteri di valutazione e le modalità di pesatura) è stata sottoposta a verifica da parte di Bureau Veritas Italia, per assicurare piena corrispondenza del processo di attribuzione dei punteggi rispetto ai presupposti metodologici dello studio.