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Exposure to climate models’ predictions affects policymakers and climate negotiators less than the informed general public, a paper by Valentina Bosetti and co-authors assesses. But the right presentation format can improve forecasts’ effectiveness

Policymakers and climate negotiators tend to use scientific information in a very conservative way, hardly allowing it to dent their prior beliefs, according to an experiment conducted on a sample of 217 policymakers attending the Paris COP21 conference, more than half of them acting negotiators, including eight heads of delegations (in Valentina Bosetti, Elke Weber, Loïc Berger, David Budescu, Ning Liu, Massimo Tavoni, COP21 Climate Negotiators’ Responses to Climate Model Forecasts, forthcoming in Nature Climate Change, doi: 10.1038/nclimate3208). Some presentation formats, though, seem to be more effective than others, depending on peculiar characteristics of the target audience.

“We tested how our sample update their beliefs on year 2100 global mean temperature increases in response to a statistical summary of climate models’ forecasts”, Bosetti, a professor at Bocconi University’s Department of Economics and a fellow of Fondazione Eni Enrico Mattei, says. The same information was provided both to the sample of policymakers and negotiators and to a group of 140 European MBA students trained to play a country role in a climate negotiation simulation. While the prior beliefs of the two groups were similar, their estimates after the exposure to the scientific forecasts are considerably different, with policymakers and climate negotiators much more closer to their unconditional priors than the MBA students. Be it for a strong confidence in their priors or for a reluctance to report conditional probabilities that differ from their country’s negotiation position, “the policymakers’ reported conditional probabilities failed to fully incorporate the scientific information they received”, the authors write.

The gap between policymakers’ initial beliefs and scientific evidence, though, can be partially reduced by using an adequate presentation format. The scholars provided the information in three different formats, with different abundance of details, and while the format didn’t affect MBA students, providing policymakers with the richest format, which includes individual model estimates in addition to the statistical range, increases the likelihood of reporting conditional probabilities closer to the scientific information.

“Our results”, the authors conclude, “point to the importance of testing behavioral effects targeting the population of interest and suggest a more effective, and relatively easy to implement, format to visually communicate scientific information to policymakers”.

Researchers from the following institutions contributed to the research: Bocconi University, Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), Princeton University, IÉSEG School of Management (LEM CNRS), Fordham University, Politecnico di Milano.
 

***The research leading to these results received funding from the European Research Council grants ERC-2013-StG-336703 RISICO, and ERC-2013-StG-336155 COBHAM..

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Communication: Influencing policymakers, by Jiaying Zhao, Nature Climate Change
 

L’esposizione alle previsioni dei modelli climatici ha meno effetto su policymaker e negoziatori che su un pubblico informato, secondo un articolo di Valentina Bosetti e co-autori. Ma il giusto formato di presentazione può migliorare l’efficacia delle previsioni.

I politici e i negoziatori sul clima tendono ad utilizzare le informazioni scientifiche in modo molto conservativo, lasciando che intacchino a stento le loro convinzioni precedenti, secondo un esperimento condotto su un campione di 217 policymaker presenti alla conferenza COP21 di Parigi, più della metà dei quali negoziatori effettivi, tra cui otto capi delegazione (in Valentina Bosetti, Elke Weber, Loïc Berger, David Budescu, Ning Liu, Massimo Tavoni, COP21 Climate Negotiators’ Responses to Climate Model Forecasts, di prossima pubblicazione su Nature Climate Change, doi: 10.1038/nclimate3208). Alcuni formati di presentazione, però, sembrano essere più efficaci di altri, in funzione delle caratteristiche peculiari del target.

“Abbiamo testato come il nostro campione aggiorni le proprie credenze sull’aumento della temperatura media globale nell’anno 2100 in risposta a una sintesi statistica delle previsioni dei modelli climatici”, dice Bosetti, professore presso il Dipartimento di Economia dell’Università Bocconi e ricercatrice della Fondazione Eni Enrico Mattei. La stessa informazione è stata fornita sia al campione di policymaker e negoziatori, sia ad un gruppo di 140 studenti MBA europei formati a svolgere un ruolo in una simulazione di negoziazione sul clima. Mentre le convinzioni precedenti dei due gruppi erano simili, le loro stime dopo l’esposizione alle previsioni scientifiche sono notevolmente diverse, con i policymaker e negoziatori che rimangono molto più vicini alle loro convinzioni precedenti rispetto agli studenti MBA. Sia che si tratti di una forte fiducia nelle proprie convinzioni, sia che si tratti di riluttanza a riferire nuove stime di probabilità che differiscano dalla posizione negoziale del proprio paese, “le nuove stime riferite dai policymaker non integrano pienamente le informazioni scientifiche che hanno ricevuto”, scrivono gli autori.

Il divario tra le credenze iniziali dei responsabili politici e le prove scientifiche può comunque essere parzialmente ridotto utilizzando un formato di presentazione adeguato. Gli studiosi hanno fornito le informazioni in tre diversi formati, con differente dovizia di particolari, e mentre il formato non ha influenzato gli studenti MBA, il fatto di utilizzare con i policymaker il formato più ricco, che comprende le stime dei singoli modelli in aggiunta alla gamma statistica, aumenta la probabilità di ottenere stime di probabilità più vicine all’informazione scientifica.

“I nostri risultati”, concludono gli autori, “sottolineano l’importanza di testare gli effetti comportamentali specifici della popolazione di interesse e suggeriscono un formato più efficace, e relativamente facile da implementare, per comunicare visivamente le informazioni scientifiche ai policymaker”.

Hanno contribuito alla ricerca studiosi delle seguenti istituzioni: Università Bocconi, Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), Università di Princeton, IESEG School of Management (LEM CNRS), Fordham University, Politecnico di Milano.

***La ricerca che ha prodotto questi risultati ha ricevuto un finanziamento da parte dell’European Research Council attraverso i grant CER 2013-STG-336.703 RISICO, e ERC 2013-STG-336.155 COBHAM.

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