There is no Planet B, di Paolo Carnevale
Oggi più che mai siamo tutti chiamati con responsabilità a rispondere con azioni tempestive e lungimiranti ai rischi e alle sfide del cambiamento climatico.
FEEM, sin dalla sua fondazione di cui nel prossimo anno si celebra il trentennale, si è guadagnata una solida reputazione internazionale come punto di riferimento per la ricerca e la divulgazione su un tema – quello del cambiamento climatico – con largo anticipo rispetto alla discussione pubblica, in un’epoca in cui le discussioni su questo argomento faticavano a raggiungere l’opinione pubblica e i decisori.
Il nostro impegno, oggi, è quello di superare la dimensione puramente teorica abbracciando un approccio multidisciplinare, capace di conservare lo spirito di anticipazione. Oggi siamo chiamati a utilizzare le nostre analisi e i nostri modelli come tools per interpretare il mondo e supportare i policy makers a configurare azioni che abbiano un impatto concreto ed effettivo sul tema dei cambiamenti climatici.
“Il mondo è in profonda difficoltà con i cambiamenti climatici”. Così il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres all’inaugurazione ufficiale della 24^ Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sul clima in Polonia, meeting annuale ONU per la discussione e la convergenza degli stati sulle azioni di mitigazione del cambiamento climatico.
Nonostante lo storico patto siglato nel 2015 nel contesto della Conferenza delle Parti di Parigi, nel 2017 si è registrato un aumento di emissioni di gas serra che contribuiscono al riscaldamento globale. Inoltre, la produzione e il consumo di carbone a livello mondiale hanno ripreso a salire, dopo due anni di calo.
Dal settore energetico può arrivare un apporto fondamentale per il perseguimento degli obiettivi di contenimento del cambiamento climatico. La decarbonizzazione dei sistemi energetici e la transizione verso fonti rinnovabili rappresentano il punto di partenza e quello di arrivo di un percorso verso la sostenibilità del pianeta.
E’ necessario agire sull’energy mix globale a medio e lungo termine, ma per poter arrivare a riscontri tangibili si devono intraprendere politiche strategiche fin da ora.
Il 2018 registra un nuovo record per le emissioni globali di CO2.
La situazione è di estrema gravità. Ma attuare politiche risolutive è reso più difficile dalla diversità dei singoli contesti statali e regionali. Un esempio esplicativo riguarda l’uso del carbone, a oggi la prima fonte di energia al mondo per produzione di elettricità. Tre quarti del carbone prodotto a livello globale vengono oggi consumati in Asia.
Cina, Giappone, India, Vietnam hanno all’attivo progetti di costruzione di centrali a carbone, dentro e fuori i propri confini nazionali.
Ad ampliare il quadro, consideriamo anche la fondamentale sfida che si gioca sulle sorti del continente africano.
In Africa Subsahariana, nel 2018 solo il 43% circa della popolazione ha accesso all’elettricità. Le soluzioni fornite a queste popolazioni per permettere loro un minimo accesso a fonti energetiche sono nella quasi totalità dei casi troppo limitate, inefficaci e dannose per salute e ambiente.
Questi ostacoli, sommati ad altri, pesano come un macigno sulle ambizioni di sviluppo di un continente che per troppo tempo è rimasto relegato a un ruolo subalterno nel contesto internazionale.
Inoltre, la negoziazione sulle azioni di mitigazione al cambiamento climatico in corso in Polonia ha già subito un primo freno da parte di quattro paesi membri del Consiglio: Arabia Saudita, Kuwait, Federazione Russa e Stati Uniti.
Quali possono essere allora gli strumenti per affrontare questo complesso intreccio ambientale, politico ed economico?
Il primo passo può essere l’identificazione e implementazione di modelli energetici realmente sostenibili. Gli strumenti non mancano, basti pensare alla complementarietà tra energie da idrocarburi (gas) e fonti rinnovabili, al cambiamento del paradigma di sviluppo economico e sociale rappresentato dall’adozione di pratiche di economia circolare, allo sviluppo di tecnologie off grid e on grid con un focus su aree remote e paesi attualmente – o prospetticamente – energivori.
Si pensi in particolare al ruolo dell’Africa, e al differente impatto che potrebbe avere sull’equilibrio climatico globale a seconda che si adotti un processo di leapfrog tecnologico o si continui a supportare la crescita del continente africano con uno schema business as usual. Peraltro proprio in Africa assistiamo oggi a una prima straordinaria accelerazione dello sviluppo realizzata saltando tecnologie meno efficienti, più costose o più inquinanti e passando direttamente a quelle più avanzate. Un potenziale enorme: l’Africa dell’hi-tech.
È solo un esempio, ma racchiude in sé il possibile modello di intervento: il binomio tecnologie e volontà politica e regolatoria appare oggi l’unico sentiero percorribile per affrontare le sfide dello sviluppo globale nella piena sostenibilità ambientale e sociale.
Per questo motivo dobbiamo farci promotori, insieme, di iniziative di ampio respiro e pienamente condivise. Si pensi ad esempio a una Technology Roadmap verso la Decarbonizzazione da qui al 2050. Le attuali tecnologie energetiche (CCUS, hydrogen, synthetic fuel, rinnovabili) possono essere sufficienti ad arrivare all’obiettivo zero carbon, pur rimanendo l’incognita del costo finale complessivo. Pensiamo all’implementazione di un’analisi approfondita e multi-level lato ingegneria/tecnologie per analizzare le singole filiere e trovare il corretto scale-up e mix: rappresenterebbe un primo importante tassello per individuare l’optimum path to decarbonization.
Ovviamente non tutte le soluzioni tecnologiche potrebbero essere promettenti nel lungo periodo e bisognerà tenere conto dell’evoluzione della tecnica. Ma l’unica cosa certa è che non possiamo permetterci di perdere altro tempo, perché abbiamo solo due alternative: mettiamo intorno a un tavolo i massimi esperti di tutto il mondo per un confronto nel merito su ogni aspetto di tipo tecnico e regolatorio, oppure optiamo per una strategia attendista, in attesa di un breakthrough tecnologico che potrebbe avvenire troppo tardi.
L’assunzione di una piena responsabilità, richiamata all’inizio, deve essere condivisa quanto più possibile, deve tradursi in azioni concrete da parte di cittadini, imprese, istituzioni locali, nazionali e transnazionali.
In questi tempi di “chiamata”, di fronte alla gravità e alle complessità, FEEM vuole continuare ad essere un punto di riferimento per imprese e cittadini, perché il perseguimento degli obiettivi che ci siamo prefissati passa anche dai comportamenti e dalle abitudini dei singoli cittadini, così come delle istituzioni.
Noi siamo pronti ad assumerci le responsabilità che il nostro nome e il nostro ruolo nell’ambito della comunità scientifica internazionale ci impongono.
Sintesi dell’intervento di Paolo Carnevale, Direttore Esecutivo della Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), al convegno “Sviluppo sostenibile e questione energetica”, organizzato dalla Fondazione Sorella Natura, 12 dicembre 2018, Senato della Repubblica, Roma