«Il capitalismo non è riducibile, come mostrano i paradossi cinesi, alla venalità individuale, ma richiede, in dosi crescenti, complicità statali. Consiste d’individualissima invidia, persegue il lusso del superfluo, ma richiede lo stato in guerra o in stampa di banconote»
 
«I fondamenti di un’economia diversa dal capitalismo, e non anticapitalista, sono il dono e una minore crescita»
 
Geminello Alvi
 
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Risultato del compromesso tra la prepotenza statale, la mania di spesa dei governanti e la vanità che spinge a consumare beni inutili, il capitalismo si manifesta oggi nel suo esito cinese e omologante. Con l’autonomia di giudizio e la libertà d’intelletto che lo contraddistinguono, Geminello Alvi si cimenta nell’impresa di una nuova definizione del capitalismo. Capitolo conclusivo della trilogia iniziata con Le seduzioni economiche di Faust e Il Secolo Americano, il libro prende le mosse dalla crisi del 2008 e dall’ambigua posizione dell’economia cinese per tracciare le vicende delle varie spiegazioni e restituzioni del capitalismo, gli errori e gli abbagli, e giungere a una descrizione opposta a quella marxista.
Dopo averci mostrato perché il Novecento è stato «il secolo americano» e averne messo a nudo i tratti della storia segreta, Alvi ci guida attraverso la lettura di un percorso storico che sembra, inevitabilmente, condurci verso «l’ideale cinese».
E spiega perché il dono debba tornare a essere elemento centrale della vita economica.
 
 
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L’autore:
Geminello Alvi (Ancona 1955) ha lavorato alla Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, è stato assistente di Paolo Baffi, direttore della rivista «Surplus» per il Gruppo Espresso, editorialista de «il Giornale», «la Repubblica», il «Corriere della Sera», consulente di varie società e istituzioni, nonché membro del Consiglio degli Esperti del Ministero dell’Economia. Attualmente è consigliere del Cnel e collabora con agi e con la Fondazione eni Enrico Mattei. È autore di numerosi volumi tra cui: Le seduzioni economiche di Faust (Adelphi 1989), Il Secolo Americano (Adelphi 1993, 1996), Vite fuori dal mondo (Adelphi 2001), Ai padri perdono. Diario di viaggio (Mondadori 2003), L’anima e l’economia (Mondadori 2005), Una Repubblica fondata sulle rendite (Mondadori 2006), La vanità della spada. Vita e ardimenti dei fratelli Nadi (Mondadori 2008). Per Marsilio ha scritto la prefazione al libro denuncia di Bernardo Caprotti sullo strapotere delle Coop Rosse in Italia, Falce e carrello (20075).
 
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Struttura del libro:
Premessa: Cina e capitalismo
Verso l’ideale cinese: Dove si spiega giustificata la disistima per i cinesi di Teilhard de Chardin e perché Weber avesse torto giudicando assenti in Cina i requisiti necessari al capitalismo, e come esso vi trionfi in forma di dispotismo orientale, dando inoltre riprova di quanto la menzogna del Pil, il ragno di internet e la distruzione in atto della parola confermino le profezie di John Stuart Mill, da ciò per logica deducendo infine la totale complicità dell’anticapitalismo alla dialettica di vanità e paura che nutre con Hobbes la condizione utilitaria.

Il capitalismo: Dove si indaga la parola capitalismo, trascurata da Marx, ma usata da Thackeray, pertanto spiegata per via di confronti con La fiera delle vanità e coi libri di Dickens, fino a completarne la discussione mostrando come il mercantilismo definisca l’economia capitalista assai meglio del liberismo, e ne generi il male peggiore: la guerra, alla quale gli stati alterati dopo gli anni sessanta aggiunsero ozio, pensioni e vite immaginate ma vendute.

Dell’estremo occidente: Dove si narra di Ayn Rand, forsennata in fuga dalla Russia che si sentì in dovere di insegnare la venalità agli americani, e di come il giovane Greenspan fu prima suo succube in carriera per poi da vecchio esagerare le conseguenze economiche di internet in perfette intese con Clinton, il quale educò gli Stati Uniti alla novissima aritmetica cinese dei loro conti esteri, perciò eletto dalle aristocrazie venali che amministrano le masse in un estremo Occidente.

Dopo il Secolo Americano: Nel quale si dimostra che dove fallì Napoleone non potevano riuscire Manuel Barroso, le baronesse proletarie e quel Mitterrand che aveva costretto la Germania all’euro, malgrado il contrario avviso della signora Thatcher, con l’esito della presente commedia la quale però riconferma quanto lo stato perverta il capitale non meno del gioco all’accumulo e che il capitalismo sia vanità e potere. Alla qual cosa da Mosca l’autore cerca rimedi nel ritorno a un’idea tripartita per vincere Babilonia e il Drago, e aiutare i pochi.
Conclusione: Il logos e l’Europa

Marsilio Editori ,  collana I Nodi “Il capitalismo” Verso l’ideale cinese (pp. 336, € 21) di Geminello Alvi.