Spazi di gravità ambrata: una nota sul progetto di FEEM
“La biblioteca del Professore Giulio Sapelli”
(Andrea Mattiello)
Il professor Giulio Sapelli ha gentilmente donato una parte della sua collezione libraria di studio, ricerca ed elaborazione intellettuale, alla biblioteca della Fondazione Eni Enrico Mattei, istituzione a cui lo lega un rapporto trentennale. In seno a questo lascito, il progetto “La biblioteca del Professore Giulio Sapelli” ideato e curato dalla dott.ssa Cristina Tedesco, ha reso accessibile non solo il catalogo della collezione, ma anche generato la campagna di digitalizzazione dalle pagine dei libri del lascito con evidenze manoscritte e di lavoro legate al professor Sapelli e acquisite per il loro valore documentale e archivistico. I libri del professor Sapelli sono oggi accessibili tramite questo portale, che di fatto non solo arricchisce il già ricco patrimonio librario e di ricerca di FEEM, ma anche consegna a future generazioni di studiosi il lavoro di Giulio Sapelli.
Torinese di nascita, Giulio Sapelli è stato professore ordinario di Storia economica presso l’Università degli Studi di Milano ed è stato docente e ricercatore presso la London School of Economics, l’università di Barcellona e quella di Buenos Aires. Nella sua decennale attività di studio e consulenza, ha collaborato con numerose imprese e realtà produttive, dove ha svolto attività di formazione manageriale presso Olivetti, Finmeccanica, Telecom e ENI, di cui è stato Consigliere di Amministrazione dal 1996 al 2002. Esperto di movimenti cooperativi e della crescita economica italiana dal secondo dopoguerra ai giorni nostri, dal 1994 è ricercatore emerito della Fondazione Eni Enrico Mattei. Tra il 1993 e il 1995 ha rappresentato l’Italia presso Trasparency International, organizzazione che agisce contro la corruzione economica internazionale. Dal 2000 al 2001 è stato Presidente della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena e dal 2002 al 2009 componente del CdA di Unicredit Banca d’Impresa. Tra il 1980 e il 2003 ha ricoperto il ruolo di Direttore Scientifico della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
La biblioteca del professor Sapelli, come quelle degli studiosi che usano i libri come strumenti di lavoro e di relazione, si presenta come uno spazio che pesa non solo per il patrimonio che contiene, ma soprattutto perché spazio su cui gravitano conoscenza, ricerca e incontri. La materia cartacea che la costituisce, chiaramente in virtù dell’accelerazione la gravità terrestre la fa pesare, ma la biblioteca pesa, possiede gravitas per l’energia che in essa è impressa e che continua ad esprimere. Questo progetto è in fondo solo la più recente manifestazione del valore e dell’energia intrinseche a uno spazio carico di libri.
Questa energia spesso associata a grandi spazi fisici e naturali, seppur privi di massa se non quella dell’aria che contengono, è nella condizione di pesare. Pesano le grandi distese naturali di terre e di acqua schiacciate da orizzonti privi di elementi antropici; pesano gli spazi costretti dalle cime di grandi catene montuose; pesano gli spazi urbani quando percepiti da prospettive che eccedono i limiti dell’umano; pesano a volte alcuni spazi costruiti per la loro natura volumetrica o il loro valore simbolico e iconografico. Tra questi ultimi vi sono grandi e piccole biblioteche, vere o immaginate, di chi nelle diverse epoche ha vissuto in continua ponderazione del logos, che non è solo parola o verbo, ma vero e proprio pensiero, ragionamento, discorso, e soprattutto, nella sua forma più alta, conoscenza.
Tra i tanti spazi di libri che vengono alla mente ci sono la grande biblioteca di Alessandria, quelle degli scriptoria medievali, i moderni studioli degli umanisti, o quella di Babele ideata da Borges. Tra questi, pensando e leggendo il professor Sapelli, viene alla mente quella immaginata da Antonello da Messina nello straordinario olio su tavola San Girolamo nel suo studio.
Dipinto dall’artista intorno al 1475, lo spazio della biblioteca del santo erudito e traduttore della Bibbia in latino, viene rappresentato come uno spazio metafisico, con una resa iconografica pervasa da una luminosità ambrata, che vivifica e mostra la gravitas di questo spazio di studio e ricerca, e di elaborazione intellettuale rivolta al logos. Lo spazio della biblioteca/studio si presenta aperto all’incontro sebbene racchiuso dentro una grande architettura ecclesiastica. Dalle finestre di quest’architettura si intravede il paesaggio circostante a ricordarci come il logos sacro è li per plasmare e unificare il mondo di natura e il mondo della cultura.
Sugli scaffali, sullo scrittoio e la pedana della biblioteca di San Girolamo, così come immaginata da Antonello da Messina, libri e utensili insieme a piante in vasi e esemplari del mondo animale, fungono da richiami alla conoscenza umana e divina che si apre all’esperienza. Il santo eremita/erudita, padre della Chiesa, è quindi allo stesso tempo isolato ma anche reso accessibile: i gradini in primo piano sono un invito a prendere parte a questo spazio di complessità, in cui nella opaca trasparenza di una luce naturale ma anche filtrata dall’artificio, si assiste al farsi della conoscenza, una cristallizzazione istantanea fermata nella complessa viscosità di una gemma d’ambra. Nella biblioteca del San Girolamo di Antonello da Messina, così in quelle di studiosi come il professor Sapelli, ci si può accomodare e osservare lo scorrere del pensiero, come seduti sulle sponde di uno dei grandi fiumi della storia del pensiero dove si incontrano donne e uomini di ogni dove e di molteplici ere, e dove il dialogo si fa confronto.
La biblioteca del professor Sapelli risiede oggi in tre collezioni aperte alla pubblica fruizione. I libri donati a FEEM sono infatti solo una parte della sua biblioteca. Il lascito di FEEM raccoglie i libri legati alla ricerca del professore negli anni di collaborazione con la Fondazione. Il lascito riflette le attività condotte dallo studioso dopo essere stato chiamato nel 1994 a lavorare per la Fondazione da Domenico Siniscalco, quando questi ne era direttore tra il 1989 e il 2001. Dalla metà degli anni Novanta, FEEM è stata per il professor Sapelli casa elettiva non solo per l’attività di ricerca da lì condotta, ma anche per l’ulteriore arricchimento della sua cospicua biblioteca, arricchitasi in questi anni grazie ai rapporti del professor Sapelli con le filiali di Telecom, Finmeccanica e Avio in Sud America, dove per molti anni ha lavorato, insegnando in università come la UBA, l’Università di Buenos Aires, nei dottorati di Storia Economica Mondiale. I materiali raccolti nella biblioteca FEEM del professor Sapelli riflettono poi il compito assegnatogli dal Ministro delle Finanze di riformare lo statuto della Fondazione dei Monti dei Paschi di Siena, nel periodo dal 2000 al 2002, e la sua Presidenza di Meta Modena da 2002 dal 2005, la Presidenza dell’Audit Commitee di Unicredit Corporate Banking, di cui è stato consigliere di amministrazione per sei anni circa.
Il secondo lascito deriva dalla biblioteca personale del professor Sapelli, raccolta nelle sue residenze a Milano negli anni tra il 1980 e il 2020, e costituita da circa 50.000 volumi conservati originariamente in via Santa Lucia e in via Porta Tenaglia. Parte significativa di questa biblioteca è stata donata alla parrocchia di San Marco che ne ha curato la vendita all’Associazione delle Banche Popolari con sede oggi in Piazza del Gesù a Roma. La biblioteca aperta al pubblico è intitolata a Giorgio Zanotto, protagonista politico e manageriale della storia delle Banche Popolari italiane. Di questa biblioteca fanno parte pubblicazione relative alla scienza economica all’economia marxista e alla politica trozkista, corrente di pensiero di cui Sapelli è convinto seguace dagli anni Sessanta del Novecento, sebbene oggi si sia allontanato dall’agone politico e teorico di quel settore di studio.
Il terzo dei lasciti risiede oggi nella biblioteca della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, che il professor Sapelli ha diretto dal 1980 al 2002. In ventidue anni di ricerca e di lavoro curatoriale per gli Annali della Fondazione, sono state raccolte pubblicazioni inerenti alle sezioni di ricerca della Fondazione come la storia italiana, la storia economica, la storia politica, la storia dei movimenti operai internazionali, oltre che acquisizioni artistiche e antiquarie, pubblicazioni artistiche e di storia dell’arte, raccolte di poesia, letteratura spagnola e francese, nonché edizioni di testi su Ezra Pound e Thomas Elliot con relativa critica filologica e letteraria.
In seno a questo ricchissimo patrimonio librario e di conoscenza, il progetto di digitalizzazione e catalogazione promosso all’atto della donazione alla biblioteca FEEM permette di varcare una nuova frontiera per la decennale carriera di ricercatore di uno dei protagonisti del pensiero economico del secondo Novecento italiano. Grazie a questo progetto capita allora di imbattersi in libri con pagine sottolineate, compulsate, con passaggi di testo cerchiati, e con pagine piegate ai margini e nella loro lunghezza. I libri tra le mani e sotto lo sguardo del loro lettore, si umanizzano nello spazio della biblioteca e se interpellati assieme allo studioso portano a scandagliare i frammenti di pensiero incastonati nell’ambrata memoria di questo spazio libresco, offrendo sempre nuove occasioni per il superamento dei limiti del conoscere, e forse per fare esperienza di quel trascendimento così centrale nella ricerca del professor Sapelli.
Partendo dal passaggio sottolineato dal professor Sapelli a pagina 543 di uno dei libri oggetto del lascito, quello di Ernesto De Martino, La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali [Nuova edizione a cura di Giordana Charuty, Daniel Fabre e Marcello Massenzi], Einaudi, 2019 (2016), chi scrive è stato mosso a chiedere al professor se potesse commentare che cosa lo avesse spinto a adoperare così quel testo. Il professore nel dicembre del 2025 ci ha quindi raccontato:
“Questo libro ha accompagnato la mia vita perché in esso è scritta la mia via alla individuazione junghiana, che inizia a Torino e a Ivrea conoscendo Franco Momigliano, Francesco Novara e Nicola Abbagnano attraverso l’Olivetti e i “Quaderni di Sociologia” allora stampati dall’Editore Taylor, che altro non era che la moglie del grande Abbagnano, la ricchissima signora Taylor, bellissima signora della collina torinese, alla quale io portavo spesso le bozze della rivista che Luciano Gallino – che allora dirigeva il Centro di Sociologia della Olivetti di Ivrea – mi dava per consegnarle ad Abbagnano che non mi riceveva quasi mai; ma mi accoglieva, invece, la deliziosa e bellissima signora americana, americana come oggi non ce ne sono più e si possono rivedere solo nei film hollywoodiani dell’epoca. Il mondo di Chiodi, di Paci io l’ho vissuto a Torino alla fine degli anni sessanta del Novecento (sono nato nel 1947 e quindi ero molto giovane…) e mi nutrivo della battaglia allora in corso tra einaudiani zdanovisti guidati da Calvino e boringheriani antropologico-esistenzialisti pavesiani, i quali contaminavano l’economia marxista con lo studio della psicanalisi, della sociologia anti crociana, della filosofia che si respirava leggendo un Proust ch’era il rifiuto del neo realismo popolare, per approdare alla fenomenologia e alla lettura di Balbo, di Del Noce e di Marx e della critica agli studi giuridici di Hegel.
Per un ragazzo che aveva appena finito le scuole serali e si era diplomato all’istituto professionale fotografico Bodoni in periferia, tutto era un sogno e un trascendimento continuo che dava gioia e bellezza alla vita. Io so che cos’è il trascendimento. Dopo l’avviamento al lavoro avevo fatto da privatista le medie e in sei mesi le magistrali per potermi iscrivere alla Facoltà di Magistero (Lettere e Filosofia mi era impossibile nonostante i tentativi che fece a quel tempo Edoardo Sanguineti, al quale devo moltissimo nella mia formazione – il PCI era una meraviglia formativa), dopo la stupida laurea in economia con il professor Onorato Castellino (gran brav’uomo… Maestro della Fornero, sic!) e approdare quindi agli studi presso la Facoltà di Magistero, raggiunsi le spiagge degli studi di storia, filosofia, con i Maestri Guido Quazza e Massimo Salvadori e Angelo Passerin d’Entrèves – con Massimo Mila, mio adorato Maestro – sotto lo sguardo vigile di Franco Momigliano e di Don Rossi. Don Rossi fu l’artefice di tutta la mia trasformazione-trascendimento: il sacerdote che mi seguì sempre come un padre segue un figlio, dopo avermi salvato dalle scuole serali e accompagnato per mano-sotto la benedizione di Monsignore Pellegrino, grande studioso di Letteratura latina cristiana, poi cardinale amatissimo e buonissimo, che mi seguì amorevolmente, accompagnandomi per mano negli esami da privatista e nello studio gratuite e appassionate che mi imponeva con mano di ferro in guanti di velluto e preghiere e rosari beneauguranti.”
Questa breve introduzione al progetto “La biblioteca del Professore Giulio Sapelli” e questo piccolo affondo sul trascendimento, ci si augura riescano a far intuire la ricchezza e le infinite possibilità di conoscenza che si celano in questo patrimonio pubblico, una miniera di gemme, metaforicamente emule della Camera d’ambra del palazzo di Caterina, residenza estiva degli zar russi a Tsarskoye Selo, vicino a San Pietroburgo, restituita alla sua integrità negli sfarzi di una Russia oggi sempre più neo-imperialista.