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venerdì 13 gennaio 2012 16.59

(AGI) – Milano, 13 gen. – La speculazione finanziaria e la sua correlazione con la dinamica e la volatilita’ del prezzi del petrolio. Questo il dibattito al centro del workshop internazionale "Financial speculation in the oil market and the determinants of the oil price" organizzato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) il 12 e il 13 gennaio a Milano. Diversi rappresentanti della comunita’ accademica e finanziaria si sono riuniti proprio per affrontare, soprattutto con un approccio scientifico, la relazione che sussiste tra la speculazione finanziaria e le continue oscillazioni di prezzo del greggio. La maggior parte dei relatori ha rilevato che i fattori che concorrono nell’influenzare i prezzi sono tanti, di varia natura ed entita’. Per David Fyfe, a capo della divisione "Oil industry and Market Division" dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE), "i mercati finanziari delle materie prime non sono i primi ad influenzare i prezzi"; piu’ che altro "amplificano gli impatti avvenuti sul mercato reale". Per Fyfe "gli impatti finanziari hanno un breve termine rispetto ai fondamentali". La vera chiave dell’oscillazione dei prezzi, prosegue, "e’ la non elasticita’ dell’offerta e della domanda".

Quanto allo scenario nel breve termine, per l’economista "nel 2012 l’influenza macroeconomica non potra’ essere sottovalutata", pero’ i principali elementi che determineranno la volatilita’ dei prezzi saranno: le riserve di shale gas negli Stati Uniti, "la domanda energetica incontrollata dei paesi emergenti e il nazionalismo delle risorse con conseguente impatto sugli investimenti". Le misure per evitare un andamento incontrollato dei prezzi sono diverse: "una maggiore trasparenza nei mercati", "la liberalizzazione dei prezzi e degli investimenti", "la garanzia di una liquidita’ di mercato", "una politica armonizzata sulla lotta ai cambiamenti climatici", "la promozione di una sicurezza energetica" e "l’incoraggiamento continuo e sostenuto dell’efficienza energetica". A determinare un’oscillazione dei prezzi dell’oro nero, secondo Thomas F. Helbling, capo del "Energy and Commodities Surveillance Unit Research Department" del Fondo Monetario Internazionale, e’ soprattutto "l’interazione tra le condizioni economiche globali e altri fattori", tra cui i vincoli per la fornitura, la scarsita’ di petrolio, il ruolo dell’OPEC e la speculazione. Sulla base dell’esperienza fatta negli anni 2000, Helbling sostiene che "gli effetti diretti sui prezzi degli investimenti speculativi/finanziari hanno avuto solo un piccolo ruolo nel boom dei prezzi del petrolio degli anni 2000". E aggiunge che le dinamiche di interazione con i prezzi sono difficili "da analizzare in modelli empirici", tanto che resta difficile "fare una previsione a lungo termine del prezzo del petrolio".

Lutz Kilian, economista dell’Universita’ di Michigan, ha evidenziato cio’ che risulta evidente dallo shock dei prezzi del greggio negli anni 2003-2008: "Non c’e’ nessuna evidenza che la speculazione sia responsabile di cio’; non e’ dimostrabile che dietro il rialzo dei prezzi ci sia stata l’Opec, ne’ che il peak oil sia stata la causa, mentre cio’ che risulta evidente e’ che una causa forte sia stato il boom economico mondiale". E secondo quanto evidenziato in uno studio del 2009 dello stesso Kilian con lo studioso Bruce Hicks, quello che invece sarebbe evidente e’ che, nel quinquennio in cui il prezzo del petrolio impenno’, "sono stati fatti errori sistematici nelle previsioni fornite da analisti professionisti e che un ruolo chiave lo hanno svolto le economie emergenti asiatiche". Al dibattito ha partecipato anche Bassam Fattouh, direttore del Programma "Oil and Middle East" dell’Oxford Institute for Energy Studies, con un intervento intitolato "Speculazione o fondamentali: cosa abbiamo imparato finora da loro?". In evidenza Fattouh ha messo le reazioni che scatena un rialzo dei prezzi: "I cambiamenti dei prezzi del petrolio portano a una reazione, da parte della domanda e dell’offerta, a mettere un limite all’aumento dei prezzi". Inoltre "l’Opec aumenta la fornitura di petrolio per evitare che il prezzo al barile salga. Un fenomeno che porta a lungo termine a una distruzione della domanda di greggio e incoraggia l’ingresso di sostituti a larga scala". (AGI) Red/Ccc

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